19 marzo 2011

Oggi è la festa del papà...e quella dei figli?!

Io e mia sorella

    Mi ero ripromessa di non scrivere nulla, poi mi sono accorta che oggi si festeggia il papà e si è scatenato in me uno tsunami di ribellione! Donne, mamme, papà, Unità d'Italia, Repubblica, uomini (tutti i giorni), si festeggia un po' di tutto, ma, a noi figli, nessuno ci pensa?! Anche il nostro è un lavoraccio! E' proprio una questione di rispetto! Già ci concepite senza nemmeno chiederci il parere, che ne so, almeno a dire (per buona creanza) “ti andrebbe di scendere sulla Terra!?” NO, certo che non mi va, perché significa che la mia missione di “anima” ancora non è stata compiuta e ciò implica che io debba continuare a tribolare per assicurarmi un posto in Paradiso. Ma, se me lo chiedi con garbo, te lo faccio pure il favore. Prima mancanza di rispetto. Ci educate secondo le vostre regole, che, poi, sono assolutamente soggettive, quindi cambiano da genitore in genitore. Dovrebbero istituire proprio una “Costituzione del genitore”, giusto per evitare discriminazioni. Per esempio, qualcuno mi spiega perché io a quindici anni dovessi rincasare alle 21.30 (dico ventunoetrenta), mentre ai miei amici era concesso tornare a casa almeno un'ora più tardi? Poi dicono che i bambini crescono complessati! Seconda mancanza di rispetto. Ma la presa per i fondelli più grande è quando ti chiedono: lo vuoi un fratellino?! Questa è proprio una furbata, perché nel momento stesso in cui tua madre ti pone la domanda, tu, terrorizzato hai già capito tutto, abbassi lo sguardo verso la sua pancia e la noti stranamente gonfia (e non ha mangiato fagioli la sera prima). Allora ditelo che si tratta di una domanda retorica, che è già tutto deciso! Cioè, se ti rispondo di NO, che fai, ti compri una macchina del tempo, torni ad un mese fa' e simuli un mal di testa prima di andare a dormire con papà? Insomma, che tu voglia o no, il nascituro te lo devi far piacere! A quel punto ti cominci a spiegare il motivo di quel continuo farfugliare anche in piena notte: stavate parlando di quello, stavate valutando la possibilità di “darmi un fratellino” (come se steste facendo un favore a me!) o, meglio, di avere un altro figlio voi! Ma io, benché abbia solo 4 anni, non faccio parte lo stesso della famiglia, io?! Allora perché mi si estromette da queste decisioni importanti che condizioneranno anche la mia di vita? “Sei contenta? Quando nascerà il fratellino, gli farai da mammina!”. Ma quale MAMMINA! Ho solo quattro anni, ho già un mucchio di bambole da accudire, il tè delle cinque con le mie amiche immaginarie, non posso assumermi altri impegni! Ad ogni modo, per compiacere i tuoi genitori, sorridi e chiedi di scegliere almeno il nome. “Certo, che puoi sceglierlo tu! Ti piace “Paola”?” NO, ma se piace a voi, piacerà anche a me (a quattro anni non è che hai proprio una cognizione precisa di ciò che ti piace e ciò che no). Comunque, se proprio volete il mio parere, io la chiamerei “Raperonzolo”, come la mia Barbie nuova. Pare che non sia adatto alla nascitura. Occhei. La cosa più assurda dei genitori, poi, è che non sei neanche nato e già hanno pianificato la tua vita: quali studi intraprenderai, con quale voto ti laureerai, che lavoro farai da grande e, se sei donna, decidono (pure) che dovrai “maritarti”. Non te lo dicono proprio esplicitamente, però la mamma ha cominciato a prepararti il corredo da quando avevi (circa) un anno, mica vorrai spezzarle il cuore?! Risultato a trent'anni:hai totalmente disatteso le aspettative dei tuoi genitori perché hai seguito un percorso assolutamente diverso da quello che loro immaginavano per te e ti senti frustrata perché, non solo non hai un fidanzato che si possa definire tale, ma hai pure l'armadio che straripa di tovaglie a fantasia, coperte ricamate al tombolo, copriletto merlettati del tutto demodè e che sai non userai mai (quasi, quasi me li vendo, ma a chi?!)! Durante la fase dell'adolescenza tutto diventa anche peggio perché il problema si sposta su un diverso campo di battaglia: la lotta per l'affrancamento! Si, perché i genitori non si rassegnano al fatto che stai crescendo, che il seno, i peli (per gli uomini... oddio, anche per le donne!), i fianchi, non ti sono stati messi lì a caso, sono il segno di un cambiamento. E un cambiamento esteriore è per forza il sintomo che anche dentro di te stia avvenendo una trasformazione. Ma loro no! Pretendono che tu continui a ritirarti alle ventuno e trenta, che copri e comprimi quelle inopportune escrescenze (segni del demonio) e che reprimi ogni sorta di pensieri che partoriscono dal tuo cervello. Insomma, per darvi un'idea, secondo mia madre, a quindici anni sarei dovuta essere una sorta di scimmia inebetita vestita da monaca di clausura. Ma io non ci sto, quindi... giù punizioni. E in età adulta la situazione cambia di poco perché, anche se hai quasi 35 anni e alla tua età tua madre aveva già due figli, non sei ancora in grado di decidere per te stessa, “fino a che vivi in questa casa, fai quello che ti diciamo noi!”. Come se fosse il matrimonio, o l'andare a vivere da soli, a decretare il grado di maturità di una persona e la sua capacità di buonsenso. Ahhhhhhh! Insomma, la nostra vita è una vera e propria lotta per la libertà. Ditemi voi se il nostro mestiere non è difficile almeno quanto il loro! A questo punto, non mi resta altro che fargli leggere quanto scrive il Dott. Edward Bach a proposito del rapporto tra genitori e figli, sperando che serva a qualcosa:
    La mancanza di individualità è di importanza capitale nello sviluppo delle malattie. Il compito dei genitori è essenzialmente il privilegio di permettere ad un animo di entrare in contatto con il mondo al fine di evolversi. I genitori devono sforzarsi di dare un orientamento spirituale, mentale e fisico al nuovo venuto, senza tuttavia scordare che quel piccolo è un'anima individuale venuta qui per acquisire esperienza e conoscenza e lasciargli spazio libero per svilupparsi senza ostacoli. Essendo un dovere che richiede sacrificio, non si deve mai pretendere una ricompensa da parte del figlio, poiché tale compito consiste unicamente nel dare solo amore, protezione e appoggio fino a quando l'anima non prende sotto la sua guida la giovane personalità. Si dovrebbe insegnare fin dall'inizio al ragazzo l'indipendenza, l'individualità e la libertà ed incitarlo sempre ad agire ed a pensare da solo. Il controllo paterno dovrebbe cedere progressivamente a misura che si sviluppa nel figlio la capacità di dirigersi da solo. Ricordiamoci che il piccolo uomo di cui siamo tutori temporanei può essere un animo molto più vecchio ed elevato di noi e, spiritualmente, esserci superiore.[...] I genitori dovrebbero guardarsi particolarmente dalla tentazione di modellare la giovane personalità secondo le proprie idee o desideri, astenersi da ogni autorità abusiva, non esigere favori per aver compiuto un loro dovere naturale. E' incredibile come nella nostra società l'ignorare questa verità possa causare indicibili sofferenze, soffocare delle disposizioni naturali e sviluppare dei caratteri dominatori.”
    Dite che funzionerà? Io ci credo poco, quindi le soluzioni sono due: o mi rassegno a lottare o chiedo a Francesco di salvarmi (mi sa che opterò per la prima)!

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